PFAS: obesità, infertilità e altri danni
In questo periodo imperversano polemiche sugli PFAS, nemici invisibili che provocano obesità, infertilità e altri danni gravi all’organismo. Ne siamo circondati, ci accompagnano praticamente ovunque: pentole antiaderenti, indumenti impermeabili, imballaggi, pesticidi…
L’acronimo significa “perfluorinated alkylated substances”. Sostanze con legami forti fra fluoro e carbonio, difficilmente degradabili, in pratica inquinanti perenni. Oggi ne contiamo migliaia e migliaia, poiché sono idro e oleo repellenti. Al pari, sono pericolosissimi per decine di ragioni: obesità cronica, infertilità, problemi endocrini, cardiovascolari.
Nel 2023, l’Agenzia internazionale per la Ricerca sul cancro dell’OMS Lione ne ha dichiarati alcuni cancerogeni certi, in particolare per la loro azione oncogena su reni e testicoli.
PFAS e obesità cronica: partiamo dal “male minore”
Oltre a essere interferenti endocrini e a provocare danni cardio e cerebro vascolari, gli PFAS hanno la prerogativa di creare una sorta di obesità perenne.
Essi stimolano un recettore chiamato PPAR-y, rendendo le cellule adipose perennemente attivate sulla modalità di accumulo e mai su quella di smaltimento. La questione è stata analizzata dalla rivista Chemistry World, che ha pubblicato un lungo articolo focalizzandosi sui cosiddetti “obesogeni”, ovvero le molecole che favoriscono l’obesità.
Siccome ogni adipocita –le cellule dell’adipe- presenta molti di questi recettori, lo stimolo indotto da decine di sostanze diverse sfasa completamente l’equilibrio fra immagazzinamento e utilizzo di energia.
PFAS e infertilità: il secondo punto nella lista dei danni
Gli PFAS si integrano con la membrana degli spematozoi.
A confermarcelo è il prof Carlo Foresta, UOC di Andrologia e Medicina della Riproduzione dell’azienda Università di Padova, che ha presentato una ricerca in merito.
Già due anni fa il gruppo di ricerca dell’Università di Padova coordinato da Carlo Foresta aveva pubblicato sul Journal of endocrinological investigation uno studio eseguito su 120 giovani ventenni nati e residenti nelle zone esposte all’inquinamento da PFAS, dimostrando una significativa alterazione del numero e della motilità degli spermatozoi.
Uno studio danese ha confermato l’assunto, analizzando campioni di sangue di oltre mille donne nel primo trimestre di gravidanza e controllando le caratteristiche degli spermatozoi di oltre 800 figli delle medesime. Ebbene, dopo 18 anni la relazione fra le concentrazioni di PFAS nelle madri e la scarsa motilità spermatica dei figli era lineare.
Inoltre, la fertilizzazione sia naturale che in vitro, effettuata con spermatozoi contaminati da PFAS, comporta il traghettamento di queste sostanze chimiche nell’ovocita.
Le interferenze così precoci nei meccanismi di fertilizzazione si aggiungono alla conoscenza che queste sostanze sono in grado di raggiungere il feto attraverso la placenta e il cordone ombelicale, diventando così un fattore di rischio per la fase più sensibile della nostra vita, quella pre-natale, in cui il ruolo degli ormoni materni svolge un ruolo fondamentale per lo sviluppo
ha affermato il Prof Foresta.
Non solo obesità cronica e infertilità, ma altri danni gravi
Gli PFAS producono alterazioni del microbiota intestinale, dell’appetito e del metabolismo basale mediato dalla tiroide. E non è tutto: sono state dimostrate azioni sui recettori dei glucocorticoidi e degli ormoni sessuali.
Uno studio sui residenti delle zone di Vicenza, Verona e Padova fra il 1980 e 2018, sottoposti a una massiccia dispersione di PFAS nelle acque, ha rivelato dati agghiaccianti. I ricercatori si sono serviti dei dati ufficiali del Registro Tumori Emilia Romagna e del servizio statistico di ISS, rilevando circa 3.800 decessi in più a causa degli PFAS. Significativo, l’aumento delle malattie cardiovascolari quali l’infarto e dei tumori associabili agli PFAS, ovvero reni e testicoli. Inoltre è emerso un aumento del rischio di insorgenza di malattie tumorali al diminuire dell’età: i bambini sono stati le prime vittime.
PFAS: oltre a obesità cronica e cancro anche il temibile sottoprodotto chiamato TFA
C’è una sostanza chimica perenne nell’acqua che beviamo, si chiama TFA o acido trifluoroacetico e si forma dagli PFAS per degradazione. Il rapporto della Pesticide Action Network (Pan Europe) ha analizzato 55 campioni di acqua potabile in 11 paesi e si è visto che il TFA era presente nel 94% di essi. Le concentrazioni erano estremamente variabili: da 20 a 4.100 nanogrammi per litro (ng/l), per una media di 740 ng/l. Solo il 6% delle acque di rubinetto analizzate non conteneva TFA.
un’indagine precedente sempre di Pan Europe aveva rilevato concentrazioni medie pari a 1.220 ng/l, quindi assai più elevate, nelle acque di fiumi e laghi.
Infine, anche falde e acque minerali, analizzate, hanno mostrato in 12 campioni su 19 la presenza di TFA in concentrazioni medie.
Secondo la valutazione dell’EFSA del 2016, il valore tollerabile per un essere umano è di 50 microgrammi per chilo di peso.
Le richieste di divieto di PAN Europe e l’analisi di Greenpeace
I danni degli PFAS vanno ben oltre il rischio di obesità cronica e infertilità, come abbiamo visto, investendo sistema endocrino, apparato cardiovascolare e oncogenesi.
Per questo, PAN Europe chiede ai governi di agire con una serie di misure urgenti, tra le quali il divieto immediato dei pesticidi con PFAS, il divieto immediato dei gas fluorurati, e la definizione di un limite massimo di TFA nell’acqua potabile a livello europeo.
Greenpeace sta attualmente mappando le acque italiane nel contesto dell’indagine “acqua senza veleni”: entro fine ottobre verranno censite circa 220 città. E contesta l’assunto di Mario Draghi secondo cui sarebbe “impossibile sostituire gli PFAS nel percorso di transizione ecologica. Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna di Greenpeace Italia, rivela che esistono già alternative agli PFAS.
PFAS: cosa fare per difendersi?
Obesità, infertilità, danni ormonali, cancro: di fronte a questo scenario siamo impotenti o possiamo difenderci?
Oggi la tecnologia ci consente di mappare in soli 15 minuti le sostanze chimiche presenti nell’organismo, grazie alla biofisica e a quel formidabile archivio biologico che è il capello.
Il test dei marcatori epigenetici SDrive ci consente di vedere non solo se il nostro sistema è intasato da sostanze chimiche e metalli pesanti, ma altresì di vedere se il sistema endocrino, quello cardiovascolare e immunitario sono compromessi.
Nelle mani di un medico di medicina integrata, questo test è un alleato prezioso per guidare a un percorso di depurazione mirato, da intraprendere con continuità.
La nutraceutica di ultima generazione per depurare l’organismo
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BIBLIOGRAFIA
1)Environmental health
All-cause, cardiovascular disease and cancer mortality in the population of a large Italian area contaminated by perfluoroalkyl and polyfluoroalkyl substances (1980–2018)
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38627679/
3)Maternal Exposure to Per- and Polyfluoroalkyl Substances (PFAS) and Male Reproductive Function in Young Adulthood: Combined Exposure to Seven PFAS
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36197086/
5)The Lancet
Carcinogenicity of perfluorooctanoic acid and perfluorooctanesulfonic acid
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38043561/
7)Obesity and Overweight: Probing Causes, Consequences, and Novel Therapeutic Approaches Through the American Heart Association’s Strategically Focused Research Network
https://www.ahajournals.org/doi/10.1161/JAHA.122.027693
8)TFA the forever chemical in the water we drink
https://www.pan-europe.info/resources/reports/2024/07/tfa-forever-chemical-water-we-drink
9)Chemistry World
Are everyday chemicals contributing to global obesity?
https://www.chemistryworld.com/features/are-everyday-chemicals-contributing-to-global-obesity/4016664.article