La vitamina D e il suo ruolo nella stimolazione dell’immunità

La vitamina D è stata sempre più studiata per il suo ruolo nella stimolazione dell’immunità innata e nella soppressione delle risposte infiammatorie. L’ormone 1,25-diidrossivitamina D (1,25D) è un induttore trascrizionale diretto dei geni umani che codificano per PD-L1 (Ligando di morte cellulare programmata-1 (PD-L1), inibitore del check-point immunitario) e PD-L2 (PD-L2 è un secondo ligando per PD-1 e inibisce l’attivazione delle cellule T) attraverso il recettore della vitamina D (VDR, il VDR è un fattore di trascrizione, nonché membro della famiglia dei recettori nucleari degli ormoni steroidei). Il sistema immunitario utilizza nei confronti delle cellule tumorali gli stessi meccanismi utilizzati per difenderci contro le infezioni. Le alterazioni genetiche accumulate nel tempo dalle cellule tumorali favorisce lo sviluppo di cloni immunogenici, che sono riconosciuti dalle cellule del sistema immunitario. Per inibire questo riconoscimento le cellule tumorali sfruttano uno dei checkpoint naturali di modulazione della risposta immunitaria: il sistema PD-1/PD-L1.
In questo studio clinico, la supplementazione di vitamina D ha aumentato i livelli sierici di PD-L1 nel quintile più basso (Q1; quei pazienti con livelli di PD-L1 al basale più bassi). Al contrario, l’integrazione di vitamina D ha ridotto i livelli sierici di PD-L1 nel quintile più alto (Q5). Pertanto, la vitamina D sembra fungere da modificatore della risposta biologica, funzionando per aumentare la PD-L1 sierica quando i livelli sierici di PD-L1 sono bassi e per diminuire la PD-L1 sierica quando i livelli sierici di PD-L1 sono alti. In questo studio, l’integrazione di vitamina D, rispetto al placebo, ha ridotto significativamente il rischio di morte per tutte le cause, nonché di recidiva o morte, a circa un terzo nel quintile più alto (Q5) di PD-L1 sierico, ma non in altri quintili (cioè, Q1-Q4 dei livelli di PD-L1). Gli autori hanno notato che l’integrazione di vitamina D riduce principalmente il rischio di morte totale e hanno ipotizzato che ciò fosse almeno in parte migliorando l’immunità antitumorale e forse mantenendo dormiente il tessuto canceroso mediante la sottoregolazione dei livelli sierici di PD-L1.
L’associazione tra vitamina D e cancro è stata studiata per molti anni e i dati sono stati a volte positivi, a volte contrastanti e a volte non hanno mostrato alcuna associazione. Dai risultati di questo studio e di altri, è evidente che esiste una quantità significativa di interazione tra la vitamina D e l’espressione genetica di PD-L1 e che sono necessarie ulteriori ricerche per esplorare i parametri esatti di questa relazione prima che le strategie cliniche specifiche possano essere creato. Tuttavia, sembra prudente nel frattempo continuare a testare i livelli sierici di 25(OH)D e (1,25D) in tutti i pazienti affetti da cancro ed integrare quelli che sono carenti in un intervallo sano.

 


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