Infezioni da funghi, una epidemia dentro la pandemia

faecal transplant koalas

Sin dall’inizio della pandemia COVID-19, gli scienziati avevano previsto (e temuto) una sua possibile intersezione con le infezioni da funghi.

Sin dai primi articoli, il COVID appariva come una malattia devastante:  i pazienti, paralizzati e collegati ai ventilatori nelle terapie intensive, venivano sottoposti a flebo di farmaci  immunosoppressori per contrastare  l’infiammazione causata dal virus. Questi interventi, adesso come allora, salvano la vita dei pazienti, ma allo stesso tempo indeboliscono le loro difese immunitarie. Allo stesso modo, gli antibiotici ad ampio spettro uccidono anche i batteri benefici che tengono sotto controllo patogeni opportunisti e invasori.

I FUNGHI, UN REGNO NASCOSTO

I funghi assumono molteplici forme e dimensioni: è un fungo la muffa sul formaggio o su quel paio scarpe finito in fondo all’armadio; sono funghi quelli che spuntano in giardino dopo forti piogge o ancora quelli che portiamo sulle nostre tavole. Ogni volta che li notiamo, che li grattiamo via o che li raccogliamo, stiamo in realtà interagendo con le sottili  frange di una rete che tiene insieme l’intero pianeta. I funghi costituiscono un regno biologico di circa sei milioni di specie, di cui 300 causano malattie nell’uomo. Differiscono da tutti gli altri regni. A differenza degli animali, hanno pareti cellulari; a differenza delle piante, non possono produrre il proprio cibo; a differenza dei batteri, trattengono il loro DNA all’interno di un nucleo e possiedono organelli cellulari, caratteristiche che li rendono, a livello cellulare, stranamente simili a noi.

La nostra convivenza con il regno dei funghi è iniziata molto tempo fa, ma l’equilibrio che ne è sempre stato alla base, ora, comincia a incrinarsi. I funghi si stanno diffondendo oltre le zone climatiche in cui hanno vissuto fino ad ora, adattandosi ad ambienti che un tempo gli sarebbero stati ostili e imparando nuovi comportamenti che consentono loro di saltare tra le specie. Si stanno trasformando in agenti patogeni di successo, in grado di minacciare la salute umana in modi e numeri inimmaginabili fino a qualche tempo fa.

LA MINACCIA DEI FUNGHI

Ma secondo una stima ampiamente condivisa, sarebbero 300 milioni le persone infette da malattie fungine in tutto il mondo e 1,6 milioni i  morti ogni anno, più della malaria, tanti quanto la tubercolosi. Solo negli Stati Uniti, il CDC stima che più di 75.000 persone vengono ricoverate ogni anno per un’infezione fungina e che altri 8,9 milioni di persone si presentano per una visita ambulatoriale, con un costo di circa 7,2 miliardi di dollari all’anno.

Eppure, le persone hanno paura dei batteri e dei virus, ma non temono di morire a causa dei funghi. Nelle persone con un sistema immunitario sano, infatti, i funghi non causano infezioni invasive. Siamo protetti non solo grazie alle nostre difese immunitarie, ma anche perché siamo mammiferi. Le nostre temperature interne sono più alte di quelle ideali per i funghi, che spesso si limitano ad attaccare le superficie esterne del nostro corpo, più fredde, come la pelle. Le infezioni fungine possono essere invece molto pericolose, addirittura letali, per le persone che hanno un sistema immunitario compromesso, come i pazienti trapiantati o quelli che assumono farmaci immunosoppressori.

I FARMACI ANTIMICOTICI

Esistono solo cinque classi di farmaci antimicotici, un numero ridotto rispetto alle oltre 20 classi di antibiotici per combattere i batteri. I farmaci antimicotici sono così pochi in parte perché sono difficili da progettare: poiché i funghi e gli esseri umani sono simili a livello cellulare, è difficile creare un farmaco che riesca a ucciderli senza uccidere anche noi.

È così difficile che una nuova classe di antimicotici raggiunge il mercato circa ogni 20 anni: la classe dei polieni, inclusa l’amfotericina B, negli anni ’50; gli azoli negli anni ’80; e le echinocandine, i più recenti, a partire dal 2001. Molti di questi farmaci hanno effetti collaterali importanti e i pazienti sono costretti ad assumerli per mesi, a volte per anni.

IL CASO ASPERGILLUS

In natura, Aspergillus fumigatus ha funzioni di pulizia. È responsabile della decomposizione dei vegetali ed è anche grazie alla sua presenza che il mondo non è sommerso da piante morte e foglie autunnali. In medicina, invece, l’Aspergillus è la causa di un’infezione opportunistica che si contrae quando un sistema immunitario compromesso non riesce a eliminare le sue spore. Nelle persone già malate, il tasso di mortalità dell’aspergillosi invasiva è vicino al 100%.

Durante la pandemia del 2009 dell’influenza aviaria H1N1, Aspergillus ha iniziato a uccidere anche persone che prima di prendere l’influenza erano perfettamente sane. Nel 2018, l’aspergillosi polmonare invasiva si verificava in un paziente su tre in condizioni critiche a causa dell’influenza e ne uccideva fino a due terzi.

Poi è arrivato il coronavirus e di nuovo i funghi hanno approfittato dell’emergenza. Medici e micologi di tutto il mondo hanno registrato casi di aspergillosi che uccidevano pazienti affetti da COVID: in Cina, Francia, Belgio, Germania, Paesi Bassi, Austria, Irlanda, Italia e Iran. Aspergillus è un’infezione ancora più difficile da gestire del temutissimo Candida auris, che ha causato episodi sporadici ed epidemie in ambito ospedaliero ed è resistente alla maggior parte dei farmaci conosciuti. C. auris, infatti, si nasconde negli ospedali; l’Aspergillus invece, è ovunque. Non c’è modo di eliminare le spore dall’ambiente o impedire alle persone di respirarle.

LA RESISTENZA AI FARMACI

La sfida nel contrastare i funghi patogeni come Candida o Aspergillus è soprattutto nella loro capacità di proteggersi dai farmaci che usiamo per cercare di ucciderli. Come i batteri con gli antibiotici, anche i funghi acquisiscono resistenza agli agenti antimicotici. La differenza però è che i farmaci a disposizione sono molti meno degli antibiotici, perché la minaccia dei funghi è stata riconosciuta solo di recente.

Lo sviluppo di nuovi farmaci è fondamentale perché quelli esistenti stanno perdendo la loro efficacia. C. auris mostra già resistenza ai farmaci di tutte e tre le principali classi di antimicotici. Aspergillus ha accumulato resistenza al gruppo antimicotico più utile per curarlo, noto come azoli, perché viene esposto ad essi in maniera persistente. Gli azoli, infatti, sono utilizzati in tutto il mondo, non solo in agricoltura per controllare le malattie delle colture, ma anche nelle vernici, nella plastica e nei materiali da costruzione.

UN VACCINO CONTRO LE INFEZIONI DA FUNGHI

Molti scienziati ritengono che la migliore strategia contro le devastanti malattie causate dai funghi non sia la cura, ma la prevenzione: in altre parole, non i farmaci ma i vaccini. Al momento non esiste un vaccino per nessuna malattia fungina e non è facile realizzarne uno. I pazienti a rischio di aspergillosi, infatti, sono proprio quelli immunodepressi, e quindi con ogni probabilità incapaci di rispondere adeguatamente ad una vaccinazione.

Tra le possibili soluzioni c’è quella di studiare formulazioni nuove per i vaccini, che contengano potenti adiuvanti in grado di stimolare una risposta protettiva, o vaccinare come profilassi i pazienti in lista per i trapianti, con sistema immunitario ancora intatto, ma futuri soggetti a rischio. La pandemia COVID-19, inoltre, ha dimostrato le potenzialità della tecnologia dei vaccini genetici, che consente di ridurre i costi e accelerare i tempi di sviluppo e produzione. Diversi scienziati sostengono le potenzialità dei vaccini genetici anche contro i funghi. Per loro natura sono infatti versatili e permettono lo screening simultaneo di molti antigeni e immunomodulatori diversi, che possono essere inseriti direttamente nella sequenza genetica.

LA RICERCA SUI CANI E LE SPERANZA PER L’UOMO

Una delle infezioni su cui si stanno concentrando gli scienziati, ad esempio, è la febbre della valle negli Stati Uniti o coccidioidomicosi, causata dai funghi del genere Coccidioides. Il primo prototipo risale agli anni ’40  e utilizzava una versione uccisa di  Coccidioides. Nonostante i buoni risultati nei topi, il candidato vaccino ha fallito negli esseri umani in uno studio clinico negli anni ’80.

Oggi, gli scienziati lavorano a un vaccino per i cani, con la speranza che la loro ricerca potrebbe avere dei benefici anche per l’uomo. I cani sono potenzialmente più esposti al rischio di contrarre la febbre della Valle rispetto agli esseri umani. In varie contee dell’Arizona, quasi il 10% dei cani si ammalano ogni anno e hanno maggiori probabilità di sviluppare gravi forme di blocco polmonare. La vulnerabilità dei cani, il costo elevato delle cure e gli standard inferiori richiesti dalle agenzie federali per approvare i farmaci animali, li rende un  modello ottimale per testare un possibile vaccino, che potrebbe raggiungere il mercato già il prossimo anno.

Il nuovo prototipo di un gruppo di scienziati in Arizona utilizza una versione viva attenuata del fungo da cui è stato eliminato un gene chiave per il suo ciclo riproduttivo, CPS1. I topi vaccinati in laboratorio non hanno manifestato alcun sintomo di febbre della valle dopo essere stati esposti al fungo e hanno invece sviluppato una forte risposta immunitaria. L’obiettivo a lungo termine è quello usare il vaccino per i cani come punto di partenza per costruire un nuovo vaccino per gli esseri umani.

Il passaggio, ovviamente, non è rapido ma richiede studi clinici su migliaia di persone piuttosto che sul piccolo numero di cani utilizzati per testare il farmaco veterinario. La realizzazione di un vaccino contro la febbre della Valle per le persone potrebbe richiedere dai cinque ai sette anni e circa 150 milioni di dollari. Secondo una stima, però, il vaccino potrebbe portare a risparmiare 1,5 miliardi di dollari in salute – che è quanto viene speso ogni anno nelle cure.

Un vaccino contro i funghi  aprirebbe la strada a una convivenza pacifica: continueremo a vivere al loro fianco, ma in sicurezza e fiducia. Ma potremmo dover aspettare ancora qualche anno e i funghi si stanno muovendo proprio ora: cambiando le loro abitudini, alterando i loro schemi, approfittando di emergenze come il COVID per trovare nuove vittime.

Erika Salvatori

Tradotto e rielaborato da: Scientific American

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