Il destino di uno sportivo può cambiare. E anche la sua biologia. Il caso Marta Gomez.
Da non classificata a vincitrice. Anamnesi, diagnosi, cura alimentare, emozionale, mentale e
fisica. Il caso Marta Gomez, pilota di Formula 3000, andata in crisi e risollevata completamente
grazie all’epigenetica, rappresenta il più rilevante di tutta la Spagna.
“Abbiamo dimostrato che la biologia si può cambiare, che il destino è nelle nostre mani. Serve
esserne consapevoli -ha detto il dottor Esteban Peiro, specialista in nutrizione di atleti
professionisti, che grazie a SDrive e al test epigenetico ha ricondotto Marta sulla via della
vittoria e della salute. Il problema apparentemente era un calo emotivo, una pena d’amore e
uno stress fisico. Marta non riusciva a classificarsi, non era più lei. Ma il test ha rivelato molto di
più.
“Il test del bulbo capillare, impostato per sportivi ad alto rendimento, ci ha rivelato non solo il
problema emozionale ma ben altro. La flora batterica intestinale in dissesto, che dava roblemi
di stomaco e difficoltà a concentrarsi. Il sistema cellulare infiammato, Omega 3 bassissimi,
parametri muscolari scarsi, forte sensibilità ai campi elettromagnetici e intossicazione da metalli
pesanti.
Il destino di uno sportivo può cambiare? Si, con S Drive
Come ha lavorato il team di Esteban Peiro su Marta Gomez?
“In primis abbiamo cambiato il luogo degli allenamenti per evitare le interferenze da campi
elettromagnetici. La abbiamo fatta allenare in un bosco anziché in palestra. Le comunicazioni
con il team avvenivano non più con casco ma con la classica lavagna. Abbiamo cambiato la tuta
che indossava per allenarsi, realizzandola con materiali naturali”.
Poi, il forte lavoro sul fronte mentale, effettuato anche con piccole bugie “bianche”: “abbiamo
dato a Marta risultati migliori di quelli da lei effettivamente ottenuti e abbiamo comunicato ai
competitors risultati peggiori. Il fine era quello di aumentare la sua autostima”.
Infine, l’alimentazione. “Non si tratta solo di cambiare assetto nutrizionale ma di innescare a
consapevolezza. Significa mangiare masticando bene, osservando il cibo e i suoi colori non il
cellulare. Significa essere coscienti di una corretta idratazione, bere acqua ricca di minerali. Si
tratta di essere lì, in presenza, realmente”.
I risultati di Marta Gomez sono stati “il lavoro epigenetico più interessante svolto in Spagna”.
L’atleta ha ricominciato a vincere. “eppure era sempre la stessa Marta ma epigeneticamente e
biologicamente era cambiata” ha affermato Peiro.
Il destino di tutti può cambiare. Lo studio fatto a Granada con S Drive
“Possiamo cambiare la nostra epigenetica, il futuro è nelle nostre mani” -ha ribadito il dottor
Peiro. “Possiamo modificare la nostra biologia e il caso Marta Gomez ce lo ha rivelato in modo
potente”.
Da questo, è nato il progetto europeo partito con il primo studio a Granada sulla popolazione. Il
progetto prevede il monitoraggio dello stato di salute della popolazione in ambito ambientale,
nutrizionale e fisico, con l’introduzione di cambiamenti reali nella vita delle persone per poi
vagliarle un anno dopo.
Fra il 2019 e il 2019 l’Unione Europea ha valutato 258 tecnologie per effettuare lo studio e ha
vinto SDrive.
La medicina che previene la malattia, oltre a curarla se insorge
“Da dove viene la parola diagnosi? Di(due), a(negazione) gnosi (conoscenza). LA medicina fa
tentativi per definire la radice di una malattia. Va cambiata la consapevolezza delle persone -ha
spiegato Peiro – La medicina è abituata a guarire la malattia ma non esiste medicina preventiva.
Siamo biologicamente pigri, l’organismo funziona ma non sappiamo perché e quando smette di
funzionare ci rivolgiamo a specialisti”. Ma lo specialista per andare alla radice del problema
deve fare test, prima di arriva a una diagnosi corretta. “In Spagna usiamo SDrive da 5 anni, ma 3
anni fa ci siamo rivolti a chi ha progettato questa tecnologia per tararla sugli sportivi ad alto
rendimento e ottenere parametri centrati su alte prestazioni. L’epigenetica è la soluzione ma ci
vuole consapevolezza. Bisogna educare i pazienti a esserne consapevoli”.
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