Epigenetica: aveva ragione anche Lamarck?

La scienza epigenetica ci sta mostrando che un po’ di ragione la aveva anche il povero Lamarck.

Ricordate il dibattito fra Darwin e Lamarck? Darwin sosteneva  che l’evoluzione si basa su mutazioni casuali, che danno a determinati organismi un vantaggio in termini di idoneità,  permettendo loro di proliferare.

Lamarck invece sosteneva che gli organismi evolvono in maniera incessante e che sono i fattori ambientali a dirigere questo meccanismo.

Per spiegarla in maniera semplice, secondo Lamarck le giraffe allungarono poco a poco il collo per nutrirsi, tramandando questa modifica di generazione in generazione.

Pe Darwin invece, una giraffa nacque casualmente con il collo più lungo, riuscendo a nutrirsi meglio e avendo la meglio sulle altre.

Ebbene, l’epigenetica, da oltre 20 anni, ci ha dischiuso una verità di portata immensa: gran parte del nostro genoma è vivo e interagisce con l’ambiente. Abbiamo un genotipo, ma il fenotipo (ovvero il modo in cui i geni si esprimono) cambia a seconda di come mangiamo, viviamo, pensiamo.

L’epigenetica e la scossa al determinismo

Lamarck metteva da parte il determinismo, dando all’ambiente il potere di influire sull’espressione genica! Ma nulla, ai tempi, poteva avallare nemmeno in minima parte la sua tesi.

Oggi le cose sono decisamente diverse: migliaia di ricerche, studi, dati di fatto ci portano all’assunto che non esiste DNA spazzatura, che il genoma in gran parte è materia viva. E non solo interagisce con l’ambiente, ma si esprime in maniera che dipende profondamente da come mangiamo, viviamo, pensiamo.

Il DNA non è il nostro destino, ce lo rivela l’epigenetica: aveva ragione Lamarck?

Fino a una manciata di anni fa, il DNA è stato considerato una cassaforte, un sistema che racchiudeva il codice del nostro destino biologico. Poi, nel 2010, con lo spartiacque tracciato da una storica copertina di Time magazine, la scienza ha scoperto che le modifiche ambientali incidono in percentuale preponderante sull’espressione dei nostri geni.   E che il DNA NON È il nostro destino!

Noi abbiamo, è vero, un codice genetico che per una piccola percentuale è immutabile. Ma in gran parte la modalità con cui questi geni -cioè il nostro fenotipo-  si esprimono,  dipende da fattori ambientali. Il che vale a dire che noi, con il nostro comportamento, con le nostre scelte sul fronte alimentare, psicologico, di vita, determiniamo come il nostro codice genetico si esprime. Facciamo, si dice, una scelta epigenetica.

Il DNA è solo un punto di partenza, non il nostro destino. Si riapre il dibattito Darwin Lamarck

ll codice genetico del DNA è costituito da una sequenza definita di quattro basi nucleotidiche: timina, guanina, adenina, citosina. Da sola, la sequenza di queste basi non spiega come un organismo multicellulare possa avere i  200 tipi (circa) di cellule specializzate, quelle che sappiamo esistere nel corpo umano. Per questo, è necessario salire a un secondo livello informativo.

Da alcuni anni, sappiamo che le informazioni per noi preziose sono di tipo chimico.  Gli istoni, il DNA e l’RNA sono il frutto  di una sofisticata modificazione chimica, che porta a un secondo livello di informazione, capace di decodificare questo codice chimico sull’RNA, in particolare sull’RNA messaggero.

Epigenetica: cosa determina l’espressione dei nostri geni?

L’RNA esegue le istruzioni del DNA ma è controllato da segnali epigenetici! Cosa significa?

I segnali chimici epigenetici fungono da interruttori: questi  ultimi, posti davanti ai geni , non solo possono attivare o disattivare i geni, ma agiscono per sintonizzarli e renderli funzionali, modificando i livelli di attività dei geni nell’invio di istruzioni per produrre proteine. Ci sono più tipi di questi segnali: alcuni significano fermarsi, altri significano continuare, ma altri possono cambiare l’attività genetica in un modo più sottile.

Lamarck sosteneva che gli organismi viventi si trasformano ininterrottamente, adattandosi all’ambiente. E se l’epigenetica desse parte della ragione a Lamarck?

Le cellule si rigenerano continuamente. E se potessimo controllare il processo?

La scienza epigenetica ci induce a valutare se anche Lamarck avesse la sua parte di ragione. Quanto impattano i fattori ambientali sulle nostre cellule? Possiamo in qualche modo controllare il processo?

Se comprendiamo meglio questi interruttori dinamici, potremmo essere in grado di riattivare i geni che ci consentono di rigenerare i tessuti danneggiati, persino gli organi.  Qualche esempio? I nostri neuroni formano connessioni quando apprendiamo e i dendriti ramificati (i rami di un neurone) aiutano a immagazzinare i ricordi. Per far crescere nuovi dendriti, abbiamo bisogno di attivare alcuni geni, e ancora una volta questi segnali epigenetici lo fanno e preparano il corpo all’apprendimento.

Un altro esempio viene dall’inizio della vita: spermatozoi e ovociti

I geni nello spermatozoo e nell’ovocita sono per lo più in uno stato silenzioso, ma quando vengono combinati nella fecondazione si attiva un numero enorme di geni e l’accensione e lo spegnimento di questi deve essere strettamente controllato per ottenere la sequenza fetale in via di sviluppo (embriogenesi). E, ancora, sono i segnali chimici epigenetici che svolgono questo compito. Ecco perché il DNA non è il nostro destino. L’epigenetica potrebbe dare parte della ragione anche a Lamarck, che ai tempi non aveva gli strumenti per dimostrarlo.

Su cosa sta lavorando la scienza epigenetica. Gli studi dal DNA all’RNA. Chissà cosa direbbe Lamarck! 

Sono noti più di 150 derivati ​​chimici dei nucleosidi dell’RNA e molti altri attendono di essere scoperti. È quindi essenziale studiare le modificazioni dell’RNA e decifrarne la funzione. Ed è proprio qui che intervengono i fattori ambientali, definiti epigenetici.

Poiché alcune delle basi modificate forniscono all’RNA una reattività ancora sconosciuta, dobbiamo cercare di comprendere gli aspetti funzionali delle basi reattive, che ci consentono di affrontare alcune delle questioni più importanti associate alla teoria del mondo dell’RNA. Questi studi nel nuovo campo dell’epigenetica dell’RNA hanno il potenziale per diventare la prossima grande ondata innovatrice nella scienza, 63 anni dopo la scoperta della struttura a doppia elica del DNA.

Il DNA costituisce sempre il nostro hardware: ci sono sempre le quattro coppie di basi  (di C, T G e A). Ma ora sappiamo che il software “chimico” è in cima e interpreta queste informazioni. Come? Il software modifica e immette segnali chimici sulle coppie di basi della citosina (la C nel nostro codice), chiamate isole CpG.

Epigenetica: l’espressione del genoma non è statica ma dinamica

L’epigenetica ci costringe a riconsiderare anche la ragione di Lamarck.

La sequenza unica del DNA è ancora corretta ed è ha  stessa stringa di basi in tutte le cellule. Ma  l’informazione epigenetica si sovrappone all’informazione genetica della sequenza del DNA. Quindi l’espressione del genoma non è statica, ma dinamica, perché cambia guidata da segnali epigenetici, anche se  gran  parte delle persone non sa ancora che esiste questo secondo livello di informazione.

Quindi in DNA non è il nostro destino! Il nostro destino è come esso si esprime!

L’epigenetica e gli interruttori dinamici…aveva ragione Lamarck?

Il professor Thomas Carell dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco di Baviera, in Germania, avanza l’ipotesi che l’evoluzione sia basata  in parte sull’adattamento ambientale e non solo su mutazioni casuali.

Darwin ha vinto il dibattito sulla base del fatto che le mutazioni possono avvenire per caso e diventare stabili, portando un vantaggio o uno svantaggio per la sopravvivenza. Non era stato trovato alcun meccanismo per supportare le idee di Lamarck. Attualmente questi nuovi interruttori dinamici epigenetici, recentemente conosciuti, potrebbero riaprire il dibattito e dare una spiegazione su come l’ambiente potrebbe influenzare la nostra genetica. Questo riaprirebbe la teoria di Lamarck,  basata sulla conoscenza dell’epigenetica

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