Danni da CEM? Servono antiossidanti

Numerosi ormai sono gli studi il cui focus è analizzare come i CEM (campi elettromagnetici) interagiscano con la nostra biologia. E numerosi sono gli studi che asseverano, fra i danni da CEM,  lo stress ossidativo (radicali liberi in eccesso), che i sistemi antiossidanti del corpo non riescono a contrastare.

Spiegheremo qui perché l’azione dei CEM va monitorata, come possiamo farlo in breve tempo e in maniera non invasiva e come verificare se ci servono antiossidanti per riequilibrare il nostro organismo.

Siamo esseri bio risonanti (e le nostre cellule funzionano come pile)

Le nostre cellule funzionano come delle pile, producono energia. E noi siamo esseri bio elettrici e bio risonanti: lo vediamo durante un cardiogramma, o un encefalogramma.

Ma non solo cuore e cervello hanno un campo elettrico: ogni atomo del nostro corpo vibra. Le stesse reazioni biochimiche avvengono grazie a quel grande campo magnetico che è l’acqua e a fenomeni di bio risonanza chiamati “domini di coerenza”, in cui le molecole oscillano alla stessa frequenza.

La risonanza magnetica cui ci sottoponiamo in ospedale rivela del resto che le nostre cellule risuonano con il nuovo campo magnetico – che altro non è se non carica elettrica in movimento.

Ebbene, l’attività metabolica produce scarti, i cosiddetti ROS (Reactive Oxygen Species) che vengono tenuti sotto controllo dal nostro sistema antiossidante.

Ma la vita che conduciamo, gli inquinanti, lo stress, i patogeni, i campi elettromagnetici, aumentano lo stress ossidativo, che è la principale minaccia per le nostre cellule. Da esso deriva l’infiammazione che crea la patologia.

Danni da CEM? Stress ossidativo e sistema antiossidante

Igor Yakymenko, uno dei maggiori studiosi dello stress ossidativo indotto dai CEM, ci dice  che

l’analisi della letteratura scientifica attualmente disponibile e sottoposta a revisione paritaria, rivela effetti molecolari indotti da radiazioni a radiofrequenza (RFR) a bassa intensità nelle cellule viventi.

Questo include attivazione significativa di fondamentali processi che generano ROS (specie reattive dell’ossigeno), attivazione della periossidazione, danni ossidativi del DNA e cambiamenti nell’attività di enzimi antiossidanti.

Su 100 studi attualmente disponibili con revisione paritaria che trattano gli effetti ossidativi di radiofrequenze a bassa intensità, in generale, 93 confermano che esse inducono effetti ossidativi nei sistemi biologici.

Se consideriamo che lo stress ossidativo è la base delle malattie degenerative croniche, non è un problema da sottovalutare. Potremmo avere realmente bisogno di antiossidanti per aiutare il nostro organismo a rientrare in equilibrio.

Gli effetti sul calcio: lo stress nitrosativo

Gli studi di Pall forniscono la prova di una diretta interazione fra i campi elettrici e magnetici -statici e variabili nel tempo- e le radiazioni elettromagnetiche, con i canali del calcio controllati in tensione.

L’aumentato calcio minerale intracellulare prodotto da tale attivazione, può portare a risposte regolatorie multiple, compresi aumentati livelli di ossido nitrico. Esso è un gas prodotto naturalmente dall’organismo per consentire la comunicazione fra le cellule, che controlla la circolazione del sangue e svolge molteplici funzioni.

Nella maggior parte dei contesti patofisiologici, l’ossido nitrico reagisce con il superossido per formare perossinitrito, un potente ossidante non radicalico.

Il perossinitrito è di gran lunga la molecola più dannosa che si incontra nel metabolismo del nostro corpo.

Danno da CEM e stress nitrosativo: ecco perché servono antiossidanti

Una delle più importanti classi di radicali generati nei sistemi viventi è rappresentata dai radicali liberi dell’azoto (RNS), responsabili del danno cellulare definito come stress nitrosativo.

Monossido di azoto elevato, formazione di perossinitrito e induzione di stress ossidativo possono essere associati con infiammazioni croniche, danneggiamento della struttura e funzione mitocondriale.

Al pari, si può avere la perdita di energia attraverso la riduzione dell’ATP (adenosina trifosfato), il carburante delle nostre cellule.

Un significativo aumento della 3-nitrotirosina è stato osservato nel fegato dei topi di Wistar esposti a campi ELF, suggerendo un effetto degenerativo sulle proteine cellulari dovuto a possibili formazioni di perossinitrito.

Al pari, si è riscontrato un aumento della nitrotirosina (>0.9µg/mL) nel 30% dei 259 individui EHS sottoposti a test durante lo studio.

CEM e riduzione del glutatione (uno dei nostri più potenti antiossidanti)

Uno studio di De Luca e altri svolto nel 2014 su 153 EHS e 132 controlli ha mostrato alterazioni metaboliche proossidanti / pro-infiammatorie.

Fa gli esiti, una diminuzione dell’attività del glutatione S-transferasi (GST), una diminuzione dei livelli del glutatione ridotto (GSH), un aumento dell’attività della glutatione perossidasi (GPX) eritrocitaria.

Inoltre è emerso  un aumento del rapporto CoQ10-ossidato / CoQ10-totale nel plasma.

Al pari, nella sindrome da affaticamento cronico, nella fibromialgia,  nella sensibilità chimica multipla, la ricerca scientifica trova attivazione di monossido di azoto e perossinitrito, nonché  infiammazione cronica.

La monografia IARC afferma che

anche piccoli effetti sulla concentrazione dei radicali potrebbe potenzialmente colpire una molteplicità di funzioni biologiche.

Lo studio di Rostock: danni da CEM, stress ossidativo e agenti anti ossidanti

Uno studio epidemiologico e sperimentale del 2007 dell’Università di Rostock in Germania ha ricercato gli effetti potenzialmente nocivi dei campi elettromagnetici a frequenza bassissima per un lungo periodo di tempo.

Lo studio di Rostok fornisce una rassegna degli studi che misurano lo stress ossidativo in seguito all’esposizione a campi elettromagnetici a frequenze bassissime e conclude che le variazioni causate da tali campi sui livelli di ossidazione e su quelli degli agenti anti-ossidanti possono avere un ruolo nella genesi dei tumori.

Il test SDrive: l’AI e la biofisica a servizio della salute per rilevare il danno da CEM e il patrimonio antiossidante

La tecnologia oggi ci consente di monitorare oltre 800 marcatori epigenetici grazie a una scansione del bulbo del capello, uno dei più potenti biomarcatori del nostro organismo.

Il sistema SDrive, in 15 minuti, ci permette di mappare tutti i fattori di interferenza che stanno squilibrando il nostro organismo. Fra essi, anche metalli pesanti e CEM. Grazie all’immenso archivio che è il bulbo del capello e alla capacità della AI di sistematizzare dati, possiamo vedere in tempo reale lo stato di vitamine, aminoacidi, minerali, acidi grassi, antiossidanti, impatto ambientale, metalli pesanti, campi elettromagnetici.

L’esattezza del test ci consente quindi di agire in maniera personalizzata, predittiva e preventiva, riequilibrando l’organismo con nutraceutici, integratori e, nel caso dei CEM, con la Vitalizing card di CellWellbeing.

 

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